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Un'analisi dell'auto-disprezzo
L’auto-disprezzo è una delle forme più invisibili, ma profonde, di sofferenza mentale. Può accompagnarci per anni senza che ce ne accorgiamo davvero, travestito da senso critico, da ironia, da umiltà. Eppure, nel silenzio, lavora contro di noi. Sabota le nostre relazioni, ci fa dubitare del nostro valore, ci impedisce di provare soddisfazione anche nei momenti migliori. Non è sempre evidente: può manifestarsi in piccoli pensieri quotidiani, in frasi che diciamo a noi stessi con leggerezza, ma che portano dentro un peso enorme.
“Non sono abbastanza”, “Faccio sempre tutto male”, “Non merito niente di buono”. Frasi che sembrano semplici ma che, ripetute nel tempo, scavano dentro.
Il problema è che spesso non lo riconosciamo come un problema. Pensiamo che sia verità, che sia onestà, che sia “avere i piedi per terra”. E così, senza volerlo, normalizziamo la crudeltà verso noi stessi. Un piccolo esercizio può aiutarci a capire quanto questa dinamica ci appartenga: leggere una lista di pensieri e dare un voto da 1 a 10 su quanto li sentiamo nostri. Se ci accorgiamo che molte frasi ci risuonano profondamente… non è perché siamo persone orribili. È perché siamo persone ferite. E non c’è niente di vergognoso in questo.
L’auto-disprezzo non racconta chi siamo, ma da dove veniamo: esperienze, contesti, parole sentite troppo presto e troppo a lungo. Non siamo sbagliati. Semplicemente, non ci siamo mai sentiti davvero al sicuro. Ma possiamo iniziare a cambiare sguardo. A trattarci con la stessa cura che useremmo con chi amiamo. A ricordarci che la gentilezza non è un premio da meritare, ma un diritto che abbiamo fin dalla nascita.
Pillole chiave della riflessione di oggi:
L’auto-disprezzo può passare inosservato, ma minare profondamente la nostra vita.
Non sempre lo riconosciamo: può sembrare realismo, onestà, autocritica.
Pensieri negativi cronici verso di sé non sono verità, ma sintomi di una sofferenza interiore.
Un semplice test può rivelare quanto siamo duri con noi stessi.
Chi si odia profondamente non è cattivo: è ferito.
Il disprezzo verso di sé è una malattia dell’anima, non un giudizio morale.
Nessun essere umano merita la crudeltà con cui spesso si giudica.
È possibile smettere di trattarsi come un nemico e iniziare a guarire.
Domanda su cui riflettere oggi:
Se un amico parlasse di sé come faccio io con me stesso, come reagirei?
Non sono il mio peggior errore. Sono la persona che ha più bisogno del mio rispetto e della mia comprensione.
*Questo contenuto fa parte della piattaforma Thatsos, uno spazio pensato per aiutarti a crescere, guarire, capirti davvero e stare meglio. Dentro la piattaforma troverai percorsi per esplorare le tue emozioni dall’ansia alla rabbia, tecniche per gestirle, articoli che ti faranno riflettere e un diario dove scrivere liberamente ciò che provi e come ti senti.