Non piacersi

Ci guardiamo allo specchio e vediamo difetti. A volte piccoli, altre volte enormi ai nostri occhi: il naso, la pelle, i capelli, le proporzioni. Ma ciò che non vediamo è forse la cosa più importante: il modo in cui ci percepiamo non dipende davvero da come siamo fatti, ma da quanto amore abbiamo ricevuto – e interiorizzato – nel tempo.

Può sembrare strano, ma l’autostima fisica non nasce davanti allo specchio. Nasce nelle relazioni. Non si tratta di avere un volto simmetrico o una pelle perfetta. Si tratta di sapere, fin da piccoli, che esistiamo con valore anche senza piacere a nessuno. Che possiamo essere amati per il semplice fatto di esserci.

Quando questo non succede, quando lo sguardo di chi ci cresce è distante, distratto o critico, impariamo a guardarci con la stessa freddezza. E allora il problema non è l’imperfezione: è il dolore di non esserci mai sentiti visti davvero. Ecco perché i complimenti estetici non bastano. Perché sotto la paura di “essere brutti” c’è una ferita molto più profonda: il timore di non avere valore se non corrispondiamo a un ideale.

Chi si sente brutto non ha bisogno di fondotinta, filtri o rassicurazioni forzate. Ha bisogno di qualcuno che veda il suo dolore e lo accolga. Che gli dica: “Tu esisti. E questo basta”.

Pillole chiave della riflessione di oggi:

  • Non piacersi non è un problema estetico, ma emotivo.

  • Il modo in cui vediamo il nostro corpo riflette il livello di amore che abbiamo interiorizzato da bambini.

  • Anche le persone belle possono odiarsi profondamente.

  • L’industria dell’estetica promette soluzioni, ma ignora la radice del problema.

  • Sentirsi brutti nasce da una ferita relazionale, non da un vero difetto fisico.

  • Chi si sente brutto non ha bisogno di complimenti, ma di comprensione profonda.

  • Il nostro valore non dipende dallo specchio, ma da quanto ci siamo sentiti accolti nel nostro stato più autentico.

  • La vera bellezza nasce dalla libertà di non pensarci troppo.

Domanda su cui riflettere oggi:

Quando ho iniziato a credere che il mio corpo non andasse bene? E chi, in quel momento, mi avrebbe dovuto vedere davvero?

Non sono un volto da correggere. Sono una storia da comprendere, un’esistenza che merita affetto, così com’è.

*Questo contenuto fa parte della piattaforma Thatsos, uno spazio pensato per aiutarti a crescere, guarire, capirti davvero e stare meglio. Dentro la piattaforma troverai percorsi per esplorare le tue emozioni dall’ansia alla rabbia, tecniche per gestirle, articoli che ti faranno riflettere e un diario dove scrivere liberamente ciò che provi e come ti senti.