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Come sei arrivato fin qui? #2
Ieri ti sei concesso qualcosa che raramente ci permettiamo: fermarti e ascoltare come stai, senza dover cambiare nulla. Oggi facciamo un passo diverso, ma altrettanto necessario: guarderemo indietro per capire come sei arrivato qui.
Non basta sapere che sei stanco o disorientato: quella sensazione non è nata dal nulla. È il risultato di una storia, fatta di scelte grandi e piccole, eventi che hanno lasciato segni silenziosi, momenti in cui, forse senza accorgertene, hai iniziato a mettere te stesso da parte.
La psicologia ci dice che la nostra identità è una narrazione in continuo divenire (Dan McAdams parla di narrative identity). Ogni volta che raccontiamo la nostra storia, diamo senso al passato e costruiamo coerenza nel presente. Il problema è che spesso smettiamo di raccontarcela: viviamo in automatico, lasciando che siano solo le urgenze a scriverne i capitoli. Così perdiamo il filo e un giorno ci troviamo a dire: non so più chi sono diventato, né perché mi sento così.
C’è un’altra dinamica che può spiegare la tua fatica: la distanza tra chi sei e chi pensi di dover essere. E. Tory Higgins lo chiama self-discrepancy: quando l’“io reale” si allontana troppo dall’“io ideale” o dall’“io che dovrei essere”, nasce un disagio silenzioso fatto di ansia, colpa, senso di fallimento. Non perché tu abbia sbagliato tutto, ma perché stai provando a incarnare un’immagine che non corrisponde più a ciò che senti dentro.
Spesso questo inizia in modo quasi impercettibile: un sì detto quando avresti voluto dire no, un sacrificio pensato come temporaneo che diventa permanente, un ruolo assunto per non deludere. Piccoli compromessi che, accumulandosi, ti spostano un po’ più lontano da te stesso. È così che, lentamente, si costruisce quella stanchezza profonda che ieri hai iniziato a nominare.
Guardare a questa traiettoria non serve a colpevolizzarti. Serve a riconoscere che il tuo malessere ha una logica, una genealogia. Non sei “debole”, non è successo dal nulla: è successo perché hai cercato di adattarti, di resistere, di funzionare. Forse perché la vita ti ha chiesto molto, forse perché pensavi che fermarti sarebbe stato egoista o pericoloso.
La ricerca mostra che dare senso agli eventi passati riduce il loro peso emotivo (James Pennebaker, studi sulla scrittura espressiva): quando trasformi un vissuto confuso in una narrazione, la mente smette di girarci dentro e nasce un senso di padronanza. Non cancelli ciò che è accaduto, ma smetti di esserne ostaggio.
Questo è ciò che iniziamo oggi: ricostruire la tua trama. Capire quali momenti hanno cambiato ritmo alla tua vita, dove hai iniziato a sacrificare parti di te, quando l’ansia o la stanchezza hanno preso spazio. Non per giudicarti, ma per recuperare consapevolezza. La consapevolezza è sempre il primo atto di libertà: finché la tua storia è confusa, sembra che non ci sia scelta; quando la vedi, puoi iniziare a decidere come scriverne i prossimi capitoli.
Forse, ripensando al passato, troverai ferite ancora sensibili, delusioni che preferiresti evitare, scelte che oggi non rifaresti. Va bene così. L’obiettivo non è cancellare, ma comprendere. Solo chi sa da dove arriva può davvero scegliere dove andare.
Questo lavoro può sembrare delicato, a volte persino faticoso, ma è un passaggio fondamentale: perché alla fine di questo percorso tu possa non solo sentirti più leggero, ma diverso. Più consapevole di ciò che ti ha formato, di ciò che hai lasciato andare, e di ciò che vuoi ricominciare a proteggere.
Prima di cambiare direzione, serve sapere dove si è perso il sentiero.
Tecnica del giorno:
Ma per capire fino in fondo perché hai preso certe strade e come puoi ritrovare equilibrio, serve conoscere qualcosa di più profondo: la tua struttura di personalità.
Carl Gustav Jung, uno dei padri della psicologia moderna, ha mostrato che ognuno di noi guarda il mondo attraverso lenti particolari: preferenze inconsapevoli nel prendere decisioni, nel gestire l’energia, nel relazionarsi agli altri. Non sono etichette rigide, ma mappe che spiegano perché certe situazioni ci nutrono e altre ci svuotano.
Spesso ci sentiamo sopraffatti proprio perché viviamo troppo a lungo lontano dalla nostra natura: scegliamo ruoli che non ci corrispondono, inseguiamo modelli che non ci appartengono, cerchiamo di adattarci a richieste esterne che confliggono con chi siamo davvero. Conoscere il nostro profilo è uno strumento di liberazione: ci permette di capire perché ci siamo spostati dal nostro centro e come possiamo tornare ad abitare la vita in modo più autentico e sostenibile.
Per questo, oggi ti invitiamo a fare il grande Test della Personalità di Jung, che abbiamo reso disponibile gratuitamente insieme a una guida di lettura approfondita.
Non è un test superficiale: ti aiuterà a dare un senso ai nodi che hai iniziato a riconoscere e a capire come la tua natura psicologica influisce su scelte, stress e benessere.
Sapere chi sei davvero significa smettere di rincorrere strade che non ti apprtengono e iniziare a costruire un percorso che rispetti la tua energia e i tuoi bisogni più profondi.
Puoi fare il test cliccando qui: [Fai il Test della Personalità di Jung con Thatsos]
Dopo averlo completato riceverai anche la guida gratuita per approfondire il tuo risultato e capire i tuoi punti di forza e le aree da migliorare.
Domanda su cui riflettere oggi:
Ripensando ai momenti in cui hai iniziato a mettere te stesso in secondo piano, quali bisogni profondi hai ignorato per andare avanti?
E se vuoi migliorare la tua salute mentale e lavorare sul tuo benessere puoi farlo qui.
Domani affronteremo un altro step insieme
Domani continueremo il reset tornando ancora più vicini a ciò che senti ogni giorno. Dopo aver guardato la tua storia e i momenti che ti hanno portato qui, ci fermeremo ad ascoltare un aspetto spesso trascurato: la stanchezza nascosta.
È quella fatica che non sempre si vede fuori, ma che dentro pesa come un macigno. Quella che si accumula quando cerchi di reggere tutto, anche quando senti che non ce la fai più. La impareremo a riconoscere, a darle un nome, a capire dove ti sta svuotando.
Sapere da cosa nasce la tua stanchezza è il importantissimo per smettere di portare pesi che non ti appartengono e iniziare a costruire un equilibrio più leggero.
Sarà un momento prezioso per imparare a dire, finalmente, “questo mi sta consumando” e cominciare a fare spazio a te stesso.