Convalescenza mentale

Quando il corpo si ammala, lo sappiamo tutti cosa fare: ci si ferma, si dorme, si prendono farmaci, si riceve comprensione. Se qualcuno ha una gamba rotta, non gli chiediamo di correre. Se ha la febbre, non lo obblighiamo a uscire di casa. Ma quando è la mente a crollare, tutto cambia. Non ci concediamo lo stesso diritto al riposo. Non ci accorgiamo che anche la salute mentale ha bisogno di convalescenza.

Dopo una frattura interiore – una crisi, un burnout, un lutto, un periodo di ansia o depressione – spesso cerchiamo di tornare subito alla “vita normale”. Ma la mente non funziona così. Ha bisogno di tempi lenti, routine delicate, attenzioni costanti. E ha bisogno che noi le concediamo lo spazio per guarire. Non ci sono punti di sutura o cerotti visibili. Ma il dolore è reale. E, come ogni altro dolore, va rispettato.

Dovremmo iniziare a trattarci come tratteremmo qualcuno dimesso da un’operazione al cuore: con protezione, dolcezza e rispetto. Dormire molto. Dire di no senza sentirsi in colpa. Rallentare. Fare spazio solo a persone che sanno essere gentili. E soprattutto, smettere di misurare i progressi in giorni. Il tempo mentale si conta in stagioni, non in ore. Ci saranno ricadute, regressi, stanchezze improvvise. Ma non sono fallimenti: fanno parte del processo.

Serve costruire un piccolo ospedale intorno a noi, anche se nessuno lo vede. Un luogo silenzioso dove guarire, senza giustificarsi. E serve imparare una lingua nuova: quella della tenerezza verso se stessi, che non ci è stata insegnata, ma che possiamo ancora apprendere.

Pillole chiave della riflessione di oggi:

  • La mente ha bisogno di convalescenza tanto quanto il corpo.

  • Non avere sintomi visibili non significa non avere bisogno di cure.

  • Guarire richiede tempo, routine regolate e molta gentilezza.

  • I progressi non sono lineari: si procede per onde, non per linee dritte.

  • Dobbiamo smettere di sentirci in colpa per aver bisogno di riposo emotivo.

  • Trattarsi con cura non è un capriccio: è una responsabilità.

  • Imparare la lingua della compassione verso sé stessi è una nuova forma di alfabetizzazione.

  • Ogni casa può diventare, in parte, un piccolo ospedale per la mente.

Domanda su cui riflettere oggi:

Mi sto dando il permesso di guarire… o sto ancora fingendo di stare bene per non deludere nessuno?

Merito lo stesso riposo, la stessa cura e la stessa protezione che darei a qualcuno che amo profondamente. Anche se quel qualcuno… sono io.

*Questo contenuto fa parte della piattaforma Thatsos, uno spazio pensato per aiutarti a crescere, guarire, capirti davvero e stare meglio. Dentro la piattaforma troverai percorsi per esplorare le tue emozioni dall’ansia alla rabbia, tecniche per gestirle, articoli che ti faranno riflettere e un diario dove scrivere liberamente ciò che provi e come ti senti.