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Trauma e ansia
Giorno 6 del Percorso Sos.
L’ansia fa parte di ogni vita.
Ma in alcune, possiamo dire con certezza che è diventata così costante da risultare inutilmente punitiva.
Cosa può spiegare un’ansia persistente e di alto livello, che va ben oltre la normale preoccupazione?
Si potrebbe ipotizzare che, da qualche parte nella storia di chi è costantemente in ansia, il meccanismo mentale progettato per distinguere tra pericoli lievi ed estremi abbia subito un colpo. Chi è molto ansioso ha ricevuto, a un certo punto della sua vita, uno spavento così grande che ormai tutto è diventato spaventoso.
Ogni sfida anche solo minimamente impegnativa diventa un presagio di catastrofe. Non ci sono più gradazioni di pericolo. La festa in cui non si conosce nessuno, il discorso davanti a una platea, una conversazione difficile sul lavoro…
Tutto sembra mettere in discussione l’intera esistenza. Praticamente ogni giorno è una crisi.
Usiamo una metafora.
Immagina che, in un momento fondamentale della crescita, quando la persona estremamente ansiosa era completamente impreparata e senza risorse per affrontare la situazione, abbia avuto un incontro con un orso.
L’orso era spaventosamente terrificante. Ruggiva, calpestava, distruggeva. Minacciava di annientare tutto. Era incomprensibilmente orribile, al di là di ogni capacità della mente di concepirlo. Da quel momento, l’allarme interiore di questa persona è rimasto bloccato su “pericolo” e non si è mai più spento. Non serve a nulla dirle con leggerezza che ora non ci sono orsi nei paraggi, che non è la stagione giusta, che la maggior parte degli orsi è innocua o che i campeggiatori li incontrano raramente. Facile da dire per chi non è mai stato svegliato nel cuore della notte da un grizzly gigante, con le zanne in vista e le zampe enormi spalancate, pronte a colpire.
Il risultato di questo incontro devastante è un impegno inconscio nella catastrofizzazione generalizzata.
La persona molto ansiosa non teme solo gli orsi, ma anche tutti i cani, i conigli, i topi e gli scoiattoli. Non solo i campeggi, ma tutte le giornate di sole.
Persino elementi solo vagamente collegati a quell’evento diventano minacce: il fruscio degli alberi nel vento, l’erba della prateria, l’odore del caffè che veniva preparato poco prima che l’orso apparisse.
Chi soffre di ansia intensa non riesce a fare distinzioni logiche. Non riesce a classificare le minacce in modo accurato: tutto è ugualmente pericoloso.
Per iniziare a liberarci dal vortice delle preoccupazioni, noi – i molto, molto ansiosi – dobbiamo fare qualcosa che all’inizio potrebbe sembrare innaturale e forse persino ridicolo.
Dobbiamo imparare, almeno in alcune occasioni, a non fidarci dei nostri sensi.
Quegli stessi sensi che, nella maggior parte delle situazioni, sono strumenti preziosi per orientarci nella vita, devono essere riconosciuti anche per quello che a volte sono: strumenti profondamente inaffidabili, capaci di fornire dati errati e di rovinarci l’esistenza.
Dobbiamo costruire una chiara distinzione tra ciò che sentiamo e ciò che è reale.
Dobbiamo capire che:
Un’impressione non è una previsione.
Una paura non è un fatto.
Una parte della nostra mente deve imparare a trattare l’altra con un sano e fermo scetticismo:
“So che sei sicuro che ci sia un orso là fuori (a quella festa, in quell’articolo di giornale, in quella riunione di lavoro). Ma c’è davvero? Davvero davvero?” L’emozione urlerà “Sì!” come se la nostra vita dipendesse da questo.
Ma ci siamo già passati. E sappiamo che il vero antidoto non è discutere con il panico, ma osservarlo senza reagire. Dobbiamo avere la pazienza di lasciare che l’ansia urli ancora un po’ – e ignorarla completamente.
La soluzione sta nel guardare la tempesta emotiva dispiegarsi davanti a noi senza lasciarci trascinare dalle sue certezze apparenti. Dobbiamo essere come un pilota di un aereo sofisticato che atterra con il pilota automatico in mezzo alla nebbia.
I suoi sensi gli diranno che una terribile collisione è imminente. Ma la sua ragione sa che i calcoli sono stati fatti correttamente, che la pista è lì, anche se non si vede, e che nonostante il buio e le vibrazioni spaventose, l’atterraggio sarà perfetto.
*Articolo estratto dalla futura piattaforma di Thatsos, Koko+
Usa questa tecnica: “Fallo comunque”
Le paure sembrano insormontabili finché non le affrontiamo davvero. Spesso, ciò che ci terrorizza si rivela meno minaccioso una volta che ci troviamo dentro la situazione.
Sei pronto a dimostrare alla tua mente che le sue paure non hanno il potere di fermarti?
Esci dalla testa, entra nel momento. La paura può paralizzare. E possiamo sempre trovare mille scuse per non fare un passo avanti.
Ma vuoi davvero lasciare che la paura vinca? O vuoi imparare a sentirti a tuo agio nel disagio – e agire comunque?
La paura non ha potere reale su di te. Se non glielo concedi, non può impedirti di fare nulla.
Ripetiti:
“La paura non mi controlla – e ora lo dimostrerò.”
C’è solo un modo per smontare le preoccupazioni: fare comunque ciò che temi.
Sei pronto a testare quanto molte delle tue ansie siano infondate? È normale che agire faccia paura.
Allora rendi il primo passo più facile con un piccolo rituale che ti dia slancio:
Stringi il pugno con decisione.
Fai un respiro profondo e conta alla rovescia da 3.
Al raggiungere il 1, agisci senza pensarci troppo.
Niente scuse. Solo l’azione che dimostrerà che la paura non ha mai avuto il controllo.
Riconoscerò il ruolo che i traumi del passato hanno nel nutrire le mie ansie per il futuro.
Rifletterò sull’idea che la catastrofe che temo non è qualcosa che deve ancora accadere, ma qualcosa che è già successo.