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Ferite primordiali
Questa settimana esploriamo insieme qualcosa che può cambiare il modo in cui viviamo le nostre emozioni, miglioriamo le nostre relazioni e costruiamo un rapporto più sano con noi stessi.
Ma adesso iniziamo!

A volte ci chiediamo perché, pur avendo avuto un’infanzia “normale” ci sentiamo così fragili, così insicuri, così in difficoltà a fidarci o ad esprimere ciò che sentiamo.
La verità è che l’infanzia non deve essere traumatica in senso eclatante per lasciarci ferite profonde.
Basta poco. Un genitore assente per lavoro, un commento critico ripetuto troppe volta, una porta sbattuta in un momento vulnerabile, un’emozione ignorata, un bisogno accolto con fastidio.
Questi frammenti restano incisi nella memoria. Non perché fossero eventi normali, ma perché noi eravamo piccoli. E da piccoli tutto è gigantesco.
Non abbiamo filtri, non abbiamo difese, non abbiamo parole. Abbiamo solo bisogno. E quando quel bisogno non viene visto o accolto, qualcosa si spezza.
Cresciamo. Diventiamo adulti. Ma dentro di noi una parte resta ferma lì: un bambino che aspetta ancora di essere capito.
Ma è importante ritrovare quel bambino, ascoltarlo e finalmente dargli ciò che è mancato.
Non per dare colpe, ma per liberarci, per diventare chi non abbiamo mai avuto il permesso di essere.
Pillole chiave della riflessione di oggi:
Le ferite emotive non sono sempre visibili o riconosciute.
Anche un’infanzia apparentemente “normale” può lasciare segni profondi nella vita delle persone.
I bambini non sanno interpretare i comportamenti degli adulti: li assorbono come verità assolute.
Crescere significa anche rileggere la propria storia con occhi nuovi.
Guarire richiede tempo, ascolto e la possibilità di dare un nuovo significato a ciò che è stato.
Prima di continuare leggendo la tecnica di oggi, abbiamo una domanda per te.
Con quale frequenza ti piacerebbe ricevere questa newsletter? Faccelo sapere rispondendo a questo piccolo sondaggio che trovi qui in allegato: https://forms.gle/fxuCDxbSum69vPTUA
Tecnica utile:
Prenditi 10 minuti o più per scrivere una lettera al te stesso di otto o nove anni. Chiedigli come sta, cosa avrebbe voluto sentirsi dire. Scrivigli oggi le parole di cui avrebbe avuto bisogno di ricevere allora.
Questo ti aiuterà a capire di più di te stesso e a lavorare sulle ferite che ancora ti porti dietro nella vita di tutti i giorni.
Domanda su cui riflettere oggi:
Cosa avrebbe voluto sentirsi dire il bambino che eri?
Accetterò che la mia mente porti i segni della mia infanzia.
*Questo contenuto fa parte della piattaforma Thatsos, uno spazio pensato per aiutarti a crescere, guarire, capirti davvero e stare meglio. Dentro la piattaforma troverai percorsi per esplorare le tue emozioni dall’ansia alla rabbia, tecniche per gestirle, articoli che ti faranno riflettere e un diario dove scrivere liberamente ciò che provi e come ti senti.