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Lascia andare ciò che non serve #4
Oggi non aggiungiamo nulla. Togliamo. Togliere non è il contrario del crescere: è il suo presupposto. Finora hai osservato la tua storia, hai ascoltato ciò che ti nutre e ciò che ti svuota. Ora arriva il passaggio che libera davvero spazio: riconoscere cosa non ti serve più e decidere di deporlo. È un gesto semplice soltanto in apparenza. Dentro, smuove paure, abitudini, identità costruite nel tempo.
Molti fanno fatica a lasciare andare perché confondono la tenacia con l’attaccamento. La tenacia ti fa restare dove vale la pena investire; l’attaccamento ti trattiene dove stai pagando più di quanto ricevi. Gli economisti comportamentali lo chiamano effetto dotazione: tendiamo a sovrastimare ciò che possediamo semplicemente perché è nostro. A questo si aggiunge la trappola del costo irrecuperabile: continuiamo qualcosa solo perché ci abbiamo già speso tempo, energie, denaro. La mente dice “non posso mollare adesso”, mentre il corpo, da tempo, sta dicendo che il prezzo è diventato eccessivo.
C’è poi il richiamo della consuetudine. Il cervello ama ciò che conosce; lo status quo, anche quando consuma, sembra meno minaccioso dell’ignoto. Ma familiarità non significa bontà. A volte portiamo con noi impegni, ruoli, relazioni o autocredenze che non hanno più vita. Restano aperti come schede in background. La psicologia cognitiva parla di tendenza a tenere attive le cose in sospeso: ogni incompiuto occupa memoria, abbassa la concentrazione, prosciuga la presenza. Lasciare andare è anche un atto di igiene mentale: chiudere cerchi che non conducono da nessuna parte.
C’è un altro motivo profondo per cui tratteniamo: il timore di perdere pezzi di noi. Molti ruoli, molte abitudini sono diventati il modo in cui ti definisci. “Io sono quello che dice sempre sì.” “Io sono quello che regge.” “Io sono quella che non delude.” Lasciare andare significa attraversare una piccola forma di lutto: permettere che un’immagine di te si allenti per far spazio a qualcosa di più vero. La buona notizia è che il dolore della separazione è finito, non infinito. Passa, e apre. La ricerca sulla compassione verso di sé lo conferma: trattarti con la gentilezza con cui tratteresti un amico riduce la colpa e aumenta la capacità di compiere scelte sane. Non stai fallendo; stai scegliendo te.
Come riconoscere cosa non serve più? Non aspettare solo grandi segnali. A volte la verità arriva in dettagli minuscoli: un peso nel petto ogni volta che leggi il nome di quella chat, la mandibola che si irrigidisce prima di una riunione, un senso di vuoto dopo un’attività che “dovrebbe” farti felice. Il corpo è spesso più veloce della mente. Quando un impegno ti ruba presenza in modo sistematico, quando ti ritrovi a ruminare senza avanzare, quando l’ansia sostituisce la curiosità, non sei davanti a una semplice difficoltà: stai pagando un prezzo che chiede di essere rinegoziato.
Lasciare andare non è scappare dalle responsabilità. È ridefinirle. Dire no può essere un atto di cura verso tutte le parti coinvolte. Un no chiaro spesso vale più di cento sì trattenuti e risentiti. Significa anche riscrivere confini. Il confine non è un muro, è una linea di rispetto: indica fino a dove puoi arrivare senza ferirti. Nel tempo, i confini si spostano; quello che ieri era sostenibile oggi può non esserlo più. Aggiornarli è segno di maturità, non di egoismo.
È utile distinguere tra ciò che è pesante ma generativo e ciò che è pesante e sterile. Ci sono fatiche che ti fanno crescere perché sono collegate ai tuoi valori; ti chiedono energia, ma te ne restituiscono in forma di senso. E ci sono fatiche che ti trascinano perché non parlano a nulla di importante per te; le porti “perché si deve”, e il dopo è sempre più piccolo del prima. La bussola è il modo in cui ti senti dopo: se ti ritrovi più presente, più largo dentro, stai investendo nel giusto posto; se ti ritrovi contratto, svuotato, cinico, stai sostenendo qualcosa che non ti sostiene.
Quando decidi di lasciare andare, preparati a due movimenti interiori. Il primo è la resistenza. La mente cercherà giustificazioni, proporrà compromessi infiniti, proverà a rimandare. Ringraziala per il suo tentativo di protezione e torna all’essenziale: cosa ti fa bene, cosa ti consuma. Il secondo è il vuoto. Ogni volta che togli qualcosa, si crea uno spazio. Lo spazio può fare paura, ma è il luogo dove la tua vita può respirare e riorganizzarsi. Non riempirlo subito. Sostalo. È lì che emergono intuizioni, desideri rimasti indietro, prospettive nuove.
Lasciare andare coinvolge anche le storie che ti racconti. “Se smetto, deludo.” “Se dico no, perdo valore.” “Se non reggo, non valgo.” Queste frasi si sono sedimentate per anni e hanno protetto una parte di te. Oggi puoi provare una narrazione diversa. “Se smetto, mi rispetto.” “Se dico no, onoro ciò che conta.” “Se ascolto il mio limite, mi prendo cura della mia forza.” Le parole non sono decorazioni: orientano la direzione. Cambiare il racconto che ti fai cambia, passo dopo passo, le scelte che compi.
Non tutto può essere deposto oggi. Alcune cose richiederanno transizioni, accordi, tempo. Ma ogni decisione di alleggerire ha un equivalente concreto che può cominciare subito: togliere una piccola abitudine che ti disconnette, interrompere una risposta automatica, chiudere una porta che tieni aperta per abitudine, dire una verità semplice dove finora hai annuito. Questi gesti, sommati, fanno spazio reale. E lo spazio è la condizione del respiro, della creatività, della presenza.
Ricorda anche che lasciare andare ha un ritmo. Non serve una rivoluzione impulsiva. Serve una costanza gentile. Oggi depongo un piccolo peso. Domani proteggo quel centimetro di libertà. Dopodomani ne aggiungo un altro. La crescita non è una marcia trionfale; è una pratica silenziosa di sottrazione. Ogni volta che togli, ti riavvicini a ciò che sei. Ogni volta che ti riavvicini, le scelte successive diventano più chiare.
Se senti paura, non sei fuori strada. La paura segnala che sei vicino a qualcosa di importante. Appoggiale accanto un’altra presenza: il rispetto per te. Chiediti a cosa stai dicendo sì mentre dici no. Ogni rinuncia custodisce un consenso più grande. Quando depone un peso, non perdi solo qualcosa; recuperi tempo, attenzione, qualità. Recuperi una versione di te che può tornare a scegliere.
Non devi convincere nessuno. Devi ascoltarti con onestà e agire in coerenza. Questo è lasciare andare: un atto di verità e di tenerezza insieme. È dire basta dove il troppo ha superato il necessario. È smettere di vivere con l’idea che valga solo chi regge tutto. Vale chi sa riconoscere il proprio limite, chi sa fare spazio, chi sa proteggere il proprio bene.
Se oggi, leggendo queste righe, ti viene in mente anche solo una cosa che non ti serve più, custodisci quell’intuizione. È il filo giusto. Tirandolo con calma, si scioglierà un nodo. E in quel nodo sciolto troverai una porzione di vita che torna a respirare.
Tecnica del giorno:
Per capire cosa togliere, serve prima vederlo con chiarezza. Prendi un foglio e disegna tre colonne:
Colonna 1 — Cose che porto per dovere
Scrivi tutte le attività, relazioni o impegni che mantieni solo perché “si deve”, “si è sempre fatto così” o “ho già iniziato e non posso mollare”.
Colonna 2 — Cose che mi prosciugano
Aggiungi ciò che senti ti svuota emotivamente: ambienti tossici, abitudini che ti lasciano stanco, compiti che non hanno più senso per te.
Colonna 3 — Cose che posso lasciare ora
Qui sposta almeno una voce dalle prime due colonne: qualcosa che puoi interrompere o mettere in pausa subito, senza grandi conseguenze.
Può essere piccola: una chat che ti prosciuga, un’attività che fai per abitudine, un impegno che non ha più senso ma occupa energie.
Guardare questi tre spazi scritti nero su bianco è potente: il cervello smette di percepire un “peso indistinto” e vede un’azione concreta possibile.
Questa è solo una delle tecniche puoi utilizzare, ma qui ne puoi trovare più di 100 tecniche guidate pensate per aiutarti a gestire emozioni, stress e scelte difficili come questa.
Domanda su cui riflettere oggi:
Guardando la tua mappa, quale peso hai deciso di lasciare andare oggi?
Perché continui a portarlo da così tanto tempo e cosa potrebbe cambiare nella tua vita se smettessi di sostenerlo?
E se vuoi migliorare la tua salute mentale e lavorare sul tuo benessere puoi farlo qui.
Domani affronteremo un altro step insieme
Domani entreremo in una fase preziosa e profondamente personale: ritrovare te stesso.
Dopo aver fatto spazio e iniziato a lasciare andare ciò che ti pesa, sarà il momento di tornare a guardare chi eri prima che il rumore e il caos prendessero il sopravvento.
Ti guideremo a riscoprire le parti di te che forse hai lasciato indietro: passioni, interessi, piccoli gesti che ti facevano sentire vivo e presente. Andremo a cercare quell’equilibrio che un tempo avevi e che può diventare oggi la bussola per ricostruire una vita più fedele a ciò che sei.
Perché per andare avanti serve prima ricordare chi sei stato quando ti sentivi vivo.